La malattia da reflusso gastro-esofageo (nota anche con la sigla MRGE o, in inglese, GERD, GastroEsophageal Reflux Disease) è probabilmente una dei più comuni disturbi riscontrati in gastroenterologia e rappresenta generalmente la forma di maggiore gravità e di lunga durata di reflusso gastro-esofageo.
Normalmente, infatti, parlando di reflusso gastrico e/o reflusso esofageo si fa riferimento alla risalita nell’esofago di materiale acido proveniente dallo stomaco. Chiunque può sperimentare episodi occasionali di reflusso, in particolar modo dopo i pasti, quindi potrebbe non trattarsi di per sé di una condizione allarmante. Quando, però, questo fenomeno si manifesta con particolare frequenza (in genere più di due volte a settimana per alcune settimane) si può instaurare una vera e propria malattia da reflusso cronica e recidivante che, oltre a compromettere il benessere e la qualità della vita, se non sottoposta ad adeguati trattamenti, comporta il rischio, nel tempo, di complicanze anche serie.
Tale condizione è molto comune negli adulti, sia uomini che donne, in particolare nella fascia di età 30-50 anni, ed è un disturbo che tende a presentarsi più frequentemente con l’avanzare dell’età. Allo stesso modo, si tratta di una condizione comune anche nei neonati e nelle donne in gravidanza.
Per gestire al meglio la condizione e provare a prevenire eventuali episodi è fondamentale essere a conoscenza delle possibili cause, dei sintomi con cui questa tende a manifestarsi e delle strategie terapeutiche più adeguate per il trattamento. Di seguito sono riportate tutte le informazioni utili sul tema.
Prima di affrontare nel dettaglio le cause del reflusso, è importante comprendere quali sono i meccanismi coinvolti nel processo che porta alla risalita del materiale acido nell’esofago.
La digestione comincia in bocca, dove il cibo viene triturato dai denti e amalgamato dalla lingua e dalla saliva, fino a creare quello che viene chiamato bolo alimentare. Questo, una volta deglutito, inizia il percorso lungo il tubo digerente: passa attraverso l’esofago per arrivare allo stomaco dove, grazie all’azione dei succhi gastrici, continua il processo digestivo degli alimenti.
Il passaggio del cibo dall’esofago allo stomaco è regolato da una sorta di valvola, lo sfintere esofageo inferiore, che in condizioni normali si apre per far passare il cibo dall’esofago allo stomaco e si richiudeper impedire la risalita del contenuto gastrico nel condotto esofageo. Va considerato, comunque, che è fisiologico, soprattutto dopo i pasti, che una piccola quantità di materiale acido refluisca senza causare particolari disturbi. In coloro che soffrono di malattia da reflusso gastroesofageo, invece, l’acido gastrico che risale nell’esofago provoca sintomi specifici, che possono condizionare notevolmente la vita quotidiana.
Tra le principali cause del reflusso, quindi, è possibile annoverare le alterazioni nel funzionamento e/o un indebolimento dello sfintere esofageo inferiore. Tale condizione può essere legata a fattori anatomici, funzionali, ormonali, alimentari o farmacologici. Tra i principali fattori di rischio vi sono:
Può contribuire alla comparsa di reflusso esofageo e al peggioramento dei sintomi anche un rallentato svuotamento gastrico, legato per esempio al consumo di pasti abbondanti o ricchi di alimenti che richiedono tempi di digestione prolungati, che favoriscono una maggiore secrezione di succhi gastrici o che dilatano le pareti gastriche (per esempio, cibi fritti, bevande gassate, alcolici, caffè, cioccolato, pomodoro, menta). Se lo stomaco impiega più tempo a liberarsi del suo contenuto, l’eventuale acido in eccesso può risalire più facilmente nel condotto esofageo.
La secrezione acida gastrica può essere influenzata anche da fattori psicoemotivi. Momenti di stress e nervosismo possono, infatti, contribuire a favorire o peggiorare l’insorgenza del reflusso gastrico.
Anche una rallentata motilità dell’esofago può essere chiamata in causa: la peristalsi esofagea, cioè i movimenti che favoriscono la progressione del bolo alimentare dalla bocca allo stomaco, agisce anche ripulendo l’esofago da eventuale materiale acido refluito. Ma per svolgere al meglio questa funzione non deve essere alterata o ridotta.
Infine, ulteriori circostanze come la stipsi, i problemi respiratori, particolari attività fisiche o lavorative e l’assunzione della posizione supina, possono essere individuate come possibili fattori predisponenti all’insorgenza della patologia da reflusso gastroesofageo.
Sebbene la condizione possa presentarsi con un’ampia sintomatologia, i principali sintomi tipici di reflusso gastro-esofageo sono due:
Questi sintomi possono presentarsi a intermittenza (per esempio, durante specifici momenti della giornata, come al risveglio, subito dopo i pasti o durante la notte) oppure essere continuativi.
Oltre ai due sintomi principali, la malattia da reflusso gastroesofageo può comparire anche con alcuni sintomi atipici, quali:
La presenza di alcuni sintomi, come la disfagia, il vomito abbondante e/o con tracce di sangue, la perdita di peso apparentemente inspiegabile e sintomi respiratori persistenti, dovrebbe spingere a richiedere un consulto medico e sottoporsi alla visita di uno specialista (il gastroenterologo). Anche un eventuale dolore toracico richiede ulteriori controlli perché fondamentale escludere che il dolore al torace non dipenda da altre problematiche, in particolare quelle cardiache.
In nessun caso i sintomi dovrebbero essere sottovalutati, soprattutto se questi si presentano in maniera persistente e influiscono notevolmente sulla qualità della vita dei soggetti. La mucosa dell’esofago, infatti, se continuamente esposta al contatto con l’acido, attiva dei meccanismi difensivi che, a lungo termine, possono modificare la composizione stessa delle cellule, portando a gravi conseguenze per l’organismo dei pazienti, come l’esofago di Barrett.
Molti di questi sintomi, inoltre, sono comuni ad altre condizioni mediche, quindi è fondamentale rivolgersi al medico per escludere ulteriori problematiche e ottenere una corretta diagnosi, volta all’individuazione della strategia terapeutica più efficace per il singolo caso.
Generalmente, la diagnosi di malattia da reflusso viene effettuata dal medico a partire dall’analisi della storia clinica e dalla valutazione dei sintomi presenti. In particolare, se il paziente riferirà la sintomatologia tipica di tale condizione (bruciore retrosternale e rigurgito acido), lo specialista eseguirà la diagnosi senza necessità di ulteriori indagini, prescrivendo una terapia ad hoc.
Qualora, invece, il paziente riferisca ulteriori sintomi o la strategia terapeutica intrapresa non sortisca i risultati sperati entro un dato periodo di tempo, il gastroenterologo potrà contare su una serie di esami di accertamento, utili per escludere ulteriori problematiche e individuare la reale causa d’insorgenza dei sintomi. I principali test diagnostici sono:
Poiché la sintomatologia del reflusso gastroesofageo può avere similitudini con quella di ulteriori condizioni patologiche, è fondamentale sottoporsi a una visita di controllo dal proprio medico per ottenere una diagnosi certa ed escludere eventuali problematiche sottostanti. Solo dopo aver analizzato con attenzione le condizioni del paziente lo specialista potrà indicare la terapia più efficace per ripristinare la condizione di benessere e alleviare i sintomi.
Una volta che il medico curante o il gastroenterologo sono giunti alla diagnosi di malattia da reflusso-gastroesofageo è possibile intervenire per cercare di gestire la condizione e alleviare i sintomi.
Il primo intervento che deve essere messo in atto per contrastare il reflusso gastroesofageo è quello di apportare alcune modifiche al proprio stile di vita; solo se questi cambiamenti non sortiscono i risultati sperati, il medico prescriverà una cura farmacologica.
Di seguito sono riportate alcune buone norme di comportamento da adottare in ottica di prevenzione o se si soffre di reflusso gastroesofageo.
Qualora la modifica del proprio stile di vita e i comportamenti sopra riportati non dovessero risultare funzionali per il trattamento del reflusso gastroesofageo, lo specialista consiglierà di abbinarli a una terapia farmacologica.
Tra i principali medicinali utilizzati per il trattamento di tale condizione vi sono:
Alcuni di questi farmaci hanno l’obbligo di prescrizione medica, mentre altri sono disponibili in farmacia anche senza prescrizione. In ogni caso, è fondamentale consultare il medico prima di assumerli e seguire scrupolosamente le dosi, le modalità di somministrazione e tutte le indicazioni riportate all’interno dei foglietti illustrativi.
Infine, nei casi più gravi, qualora il trattamento farmacologico dovesse rivelarsi inefficace o gli effetti indesiderati dei farmaci assunti dovessero influire notevolmente sulla qualità della vita del paziente, vi è la possibilità, a seguito di una visita specialistica, di ricorrere alla chirurgia.
L’intervento chirurgico prende il nome di fundoplicatio laparoscopica (o plastica antireflusso) e ha l’obiettivo di restringere la valvola posta all’estremità dell’esofago, allo scopo di impedire la risalita dell’acido. L’operazione, eseguita in anestesia totale, ha una durata breve, è generalmente eseguita con una tecnica mininvasiva e offre risultati soddisfacenti in quanto consente di controllare i sintomi caratteristici del reflusso e prevenire l’insorgenza di complicanze.
Le abitudini alimentari possono influire sui sintomi del reflusso gastro-esofageo. In particolare, come detto, si consiglia di fare più pasti piccoli durante la giornata, non abbondanti, masticando con calma e senza fretta, dedicando il tempo necessario a ogni pasto.
Anche per quanto riguarda il contenuto dei pasti, sono in genere sconsigliati alimenti e bevande che possono contribuire a peggiorare la sintomatologia, perché rallentano lo svuotamento gastrico o aumentano la secrezione acida da parte dello stomaco e possono indebolire la tenuta dello sfintere esofageo inferiore.
Tra gli alimenti da evitare ci sono:
Può essere, invece, utile seguire i dettami della dieta mediterranea e prediligere alimenti semplici, poco lavorati e leggeri. Tra gli alimenti che possono essere consumati senza problemi ci sono:
In merito alla cottura dei cibi, invece, questi dovrebbero essere cucinati in modo non troppo elaborato e conditi preferendo l’olio d’oliva ad altri condimenti. Meglio optare per la cottura al vapore, alla piastra o al cartoccio, evitando l’uso di spezie o condimenti che potrebbero favorire l’acidità.
In ogni caso, è fondamentale ricordare che la tolleranza ai cibi è fortemente soggettiva e che l’assunzione di ogni alimento può avere un effetto diverso da persona a persona. Pertanto, è fondamentale individuare quali sono gli alimenti meglio tollerati dall’organismo ed eliminare, o ridurre, l’assunzione degli altri. È sempre opportuno consultare il proprio medico o un nutrizionista prima di eliminare completamente determinati cibi dalla propria dieta, per evitare di incorrere in carenze nutrizionali.
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